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Brentford, la prima volta in Premier non si scorda mai, almeno per due anni


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Era un fine settimana lungo pre-pandemia, verso la fine di febbraio del 2020. Sono a Londra con un amico:
«Approfittiamo per andare a vedere una partita di Premier?»
«Però trovare i biglietti è quasi impossibile e non ci sono turni di coppa questa settimana»
«Allora andiamo a vedere la Championship! La purezza del vero calcio inglese…»
«Chi gioca in casa?»
«Solo il Brentford…»
«Il Brentford?»
«Eh si…»
«E Brentford sia. Lo sai che hanno un pub a ognuno dei quattro angoli dello stadio? Uno fungeva addirittura da spogliatoio agli inizi. Tra l’altro questa è l’ultima stagione che giocheranno al Griffin Park.»
«Quattro pub? Mi stanno già simpatici».

Ed è scattato l’amore. O l’imprinting. Un po’ come quando mio babbo mi portò per la prima volta al Comunale – adesso Artemio Franchi n.d.a.– a vedere Roberto Baggio vestito di viola. Le prime emozioni rimangono attaccate alla pelle e non se vanno via.

Quello nostro…
… e quello loro

La gente fuori dallo stadio, il campo a due metri, il tifoso âgée con la maglia vintage, il trucca bimbi all’ingesso, il tifoso brillo che aveva sbagliato settore e che ci parla per tutto il primo tempo per poi spostarsi in curva dagli amici perché si è liberato un posto, Nørgaard, «C’MON BRENTFORD!», il tifoso che chiede al calciatore che si sta scaldando se entrerà «non lo so, decide il mister», la rimonta da 0-2 a 2-2… A fine stagione è mancata la promozione, sfumata in finale play-off, ma si sono rifatti nella successiva con lo storico ingresso in Premier League – erano assenti sui campi della prima divisione dal 1946 n.d.a..

Una maglia per due stagioni

Con questo incipit, il 24 novembre, il sito ufficiale del Brentford Football Club comunica che l’attuale kit home sarà riproposto anche nella prossima stagione:

Brentford’s first ever Premier League Home kit is to get an extended life as we can confirm we will continue to wear our current red and white striped home kit again next season.

L’idea è di omaggiare per un altro anno l’esordio in Premier League, tra l’altro vincente e contro una delle squadre più importanti e blasonate di Londra e del calcio inglese tutto: l’Arsenal. Canós e Nørgaard hanno inciso nella memoria di tutti i tifosi delle «Bees» il miglior debutto possibile. Un 2-0 senza storia, reso ancora più bello ed emozionante dal ritorno alla piena capienza dello stadio dopo 18 lunghissimi mesi.

Bella pure la campagna

Oltre a questo, c’è anche una questione di sostenibilità e di rispetto per la tifoseria e per le sue tasche. Cosa rara nel football moderno. Come dichiara Jon Varney, Brentford Chief Executive:

Respectful, Progressive and Togetherness are our three core values at Brentford FC, as many of our fans know. We also believe in football being affordable for our fans and are aware of the need for the game to become more focussed on sustainability. As such, when we discussed the idea, everyone at the Club was fully behind it.

Jon prosegue spiegando che, anche se in Premier League – e non solo – è abitudine cambiare maglia ogni stagione, le tipologie di introito sono cambiate e i ricavi provenienti dalle tv e dalle nuove partnership commerciali permettono di non dover forzare sulle vendite al dettaglio del merchandising e di poter provare a fare qualcosa di diverso senza andare a impattare negativamente sulle casse della società.

La collaborazione con Umbro prosegue con successo – come la vendita delle magliette, molto belle, l’ho già detto? – e da entrambe le parti si è pensato a migliorare la sostenibilità produttiva, sia per le tasche del tifoso, sia per l’ottimizzazione dei cicli produttivi, sia per non pesare troppo sull’ambiente.

Ovviamente c’è il rovescio della medaglia: molti collezionisti e/o semplici amanti delle maglie come noi e voi che leggete potrebbero rimanere delusi nel vedere lo stesso kit vestito da una squadra di calcio per due anni. Un po’ come a Natale siamo tutti ansiosi di sapere cosa ci sarà nel pacco e come sarà la nuova divisa – anche se, se facciamo un riscontro sulla risposta «social» direi che la scelta del Brentford è stata condivisa dalla maggior parte degli appassionati e accolta con entusiasmo n.d.a..
L’amministratore delegato comunque ci tranquillizza e rilancia spoilerando un po’ sui kit away e third 2022-23:

For those fans keen to purchase a new shirt each season we can confirm we will have a new away and a new third kit for the 2022/23 season. We hope the new away shirt design will excite our fans who remember the 80’s and early 90’s, whilst the new third shirt is designed very much for the future!

Vi dirò, per me questo è un mix perfetto. Prima maglia per due anni – ma deve essere di qualità, altrimenti è un allungare l’agonia –, seconda maglia vintage e terza sperimentale. Ci metterei la firma.
Ah, c’è un ultima cosa interessante: costa solo 48£…

Ma questa idea non è una novità, in Inghilterra e fuori

Anche escludendo l’epoca pre-sponsorizzazione, dove le maglie rimanevano le medesime per anni, c’è stato un periodo a cavallo fra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Duemila dove in Inghilterra, per salvaguardare le tasche del tifoso della working class, era consuetudine per i clubs mantenere la stessa divisa per due stagioni, molte volte modificando la home e la away ad anni alterni in modo da poter comunque presentare a luglio qualcosa di nuovo.

Portiamo come esempio il Manchester United che dal 1984 al 2006 ha cambiato i propri kit ogni biennio, ma avremmo potuto parlare in egual modo dei cugini del City, dei rivali dell’Arsenal o di altre squadre della Football Association che, più o meno nello stesso periodo, hanno seguito questa linea, qualcuno cambiando negli anni pari, qualcun’altro negli anni dispari.

E non solo in Inghilterra era in voga questa abitudine, ricordo distintamente la Fiorentina vestita Reebook con la maglia partita in due toni di viola nelle stagioni 1995-96 e 1996-97, il Milan Adidas 1990-91 e 1992-93… gli esempi sono tanti.

Per concludere diamo un «cinque alto» fortissimo alla dirigenza del Brentford che, riportando l’orologio indietro di almeno una ventina d’anni, fa un passo avanti enorme indicando, spero, la via a molti altri clubs inglesi e non. Tornare a un modello di marketing più sostenibile – sia dal lato produzione che acquisto – ci sembra l’unica strada percorribile. Non come quella intrapresa dal Napoli firmato Armani che, ancor prima di chiudere il girone d’andata, ha già presentato e indossato sette (7!) kit gara differenti (e magari me ne sono perso qualcuno per strada).

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