É il 2 Aprile 1982. In uno sperduto arcipelago dell’Atlantico meridionale, in seguito a un’invasione (quasi) a sorpresa, l’Armada Argentina prende il controllo di una modesta cittadina di nome Port Stanley, subito ribattezzata Puerto Argentino, e costringe il governatore britannico Hunt ad offrire la resa. Si conclude così l’operazione “Rosario” e inzia la guerra delle Falkland/Malvine.
L’inizio delle ostilità ha ovvie e immediate ripercussioni in tutto il Regno Unito, ma è in una città della Greater Manchester abitata da quasi 137.000 abitanti che le conseguenze arrivano fin dentro il magazzino della squadra locale. La città si chiama Stockport, la squadra è lo Stockport County. Mettetevi comodi.
Un po’ di contesto
Piccola ma doverosa premessa: a Stockport il pallone è di casa praticamente da sempre. O almeno fin dal 1883, quando vede la luce l’Heaton Norris Rovers, ovvero il sodalizio che pochi anni più tardi assume la denominazione definitiva di Stockport County. La storia del club non è certo ricca di allori o partecipazioni a campionati prestigiosi, ma ha il pregio di intrecciarsi, per quanto fugacemente, ad un nome che è mitologia del pallone: George Best. Entrando poi nel merito del nostro tema prediletto, le maglie da gioco, potremmo attingere ad una moltituidine di spunti attraverso i quali approfondire la storia della vita sportiva degli “Hatters”, ma per stavolta ci concentreremo sul periodo 1979/1982.



Le origini del “problema”
L’arco di tempo che prendiamo in esame è quello che nella storia dello Stockport County vede la leggendaria nascita e l’improvvisa scomparsa della cosiddetta “maglia argentina”. Come per ogni mito che si rispetti è difficile talvolta capire dove finisca la realtà e cominci la fantasia, anche perchè non mancano le incongruenze nelle ricostruzioni giunte fino a noi. Esistono, tanto per cominciare, ben due versioni degli eventi che portarono al radicale “cambio di pelle” degli “Hatters”: noi ve le raccontiamo entrambe, incluse le perplessità che ciascuna solleva, e poi sarete voi a tirare le conclusioni.


1) Il mito dell’Argentina campione del mondo
La narrazione forse nota ai più è quella secondo cui, in un futuristico slancio di marketing d’assalto, il Club decide nell’Estate del 1979 di adottare come prima divisa il kit dell’Argentina vincitrice del mondiale disputato l’anno precedente. L’obiettivo consisterebbe nell’acquisire per accostamento (sì, auguri…) un’immagine “vincente” ma soprattutto assolutamente originale, almeno nell’ambito delle squadre nell’area della Greater Manchester e dintorni. Ovviamente con tanto di effetto volano sul merchandising che consentirebbe di mandare in soffitta, a cuor leggero secondo la dirigenza, i tutto sommato anonimi completi biancoblu indossati nei precedenti tre lustri. Completi griffati dalla britannicissima Bukta, e rimpiazzati da un’inedita maglia Adidas a strisce verticali biancocelesti accostata a pantaloncini neri e calzettoni bianchi con bordi celesti.


L’iniziativa pare incontri l’iniziale, ovvia e naturale, diffidenza della tifoseria locale, che ben presto finisce però nella stessa soffitta dei kit biancoblu cui accennavo prima. Vale comunque la pena precisare che, in generale, la storia dello Stockport County fino a quel momento non aveva fatto comunque della “stabilità” dei colori sociali il proprio punto di forza.
I dubbi intorno a questa versione
Convincono poco, in primis, i tempi della scelta. La dirigenza inglese decise di “abbracciare” i colori dell’Argentina a ben un anno di distanza dalla vittoria, discussa e discutibile, del mondiale? Per giunta proprio nel momento in cui la Selección usciva mestamente (al primo turno, ndr) della Coppa America 1979? Se l’idea alla base dello stravolgimento dell’immagine della squadra era davvero quella di identificarsi in un modello universalmente riconosciuto come “vincente”, a Stockport da un po’ di tempo qualcuno non aveva più acceso la TV.

Altro capitolo: prospettive di introiti da merchandising? Parliamo di un Club che navigava stabilmente nelle acque basse della Quarta Divisione, con sede in una città di medie dimensioni in balìa, come il resto del Regno Unito, di una pervasiva crisi economica culminata qualche mese prima nel “Winter of Discontent”. La popolazione locale, che alle elezioni di Maggio 1979 premiò i Conservatori e Margaret Thatcher, aveva probabilmente ben altre priorità rispetto all’acquisto della nuova maglia dello Stockport County.


2) Allora ci pensano Mike e Adi?
La seconda versione della nostra storia ruota invece attorno a Mike Summerbee, giocatore simbolo del Manchester City più vincente della storia (almeno fino all’arrivo dei petrodollari degli emiri…). Veste la maglia numero 9 della squadra che fra il 1965 ed il 1975 mette in bacheca un Campionato, due Charity Shield, una Coppa delle Coppe ed una Coppa d’Inghilterra. Nei “Citizens” ha come vice-allenatore prima e allenatore poi Malcolm Allison, un personaggio che ha fatto la storia delle divise del City e del Crystal Palace (vi racconteremo come, prima o poi…). Tutti inoltre avete visto Summerbee almeno una volta anche se probabilmente non lo sapete: è lui infatti a vestire i panni di Sid Harmor in “Fuga per la vittoria”.
Ma non divaghiamo.
Il nostro eroe decide di percorrere i passi del suo “Sunset Boulevard” a pochi kilometri da Manchester, nella vicina Stockport, dove approda nel 1976. Le cronache ci raccontano che chiude la sua esperienza al termine del campionato 1978/79 durante il quale riveste il ruolo di allenatore/giocatore, ma in realtà le cose non vanno esattamente così. All’alba della stagione 1979/80 infatti gli “Hatters” non se la passano benissimo da molti punti di vista, fra cui la guida tecnica e… l’abbigliamento!




Il buon Mike così fa quello che può per aiutare il Club, continuando per esempio a seguire la squadra nella doppia veste di allenatore/giocatore fino a quando la dirigenza non trova qualcuno da mettere in panchina (James McGuigan a partire dal 13 Novembre 1979, ndr). Come già detto, le principali fonti datano il ritiro di Summerbee al termine della stagione precedente, ma il match program di York City – Stockport County del 22 Settembre 1979 che sono ruscito a scovare (e trovate nella galleria qua sopra) vi racconta un’altra storia.
Lo Stockport ha però un altro problema impellente da risolvere: trovare delle divise per disputare il campionato 1979/80. Tocca di nuovo a Summerbee venire a capo dela situazione: “uomo Adidas” fin dagli anni nei “Citizens”, alza dunque la cornetta del telefono e riesce a ottenere da Adolf “Adi” Dassler un’intera fornitura di maglie recuperata a partire da rimanenze dei kit dell’Argentina 1978. Leggenda vuole in particolare che gli stemmi della federazione sudamericana vengano letteralmente scuciti uno ad uno prima che le divise siano inviate in Inghilterra.
Più di un’incongruenza
Premesso che questa seconda versione della storia appare come la più attendibile, occorre comunque distinguere gli eventi probabili da quelli obiettivamente inverosimili.
“I got the Argentinian World Cup strip with the County badge sewn on it from a great friend at Adidas, and boots and fifty balls, all for nothing, but soon after I left the Falklands War broke out and they couldn’t use the strips any more.”
Mike Summerbee
Come riporta lo stesso Summerbee non ci fu in realtà alcun contatto con Adolf Dassler, anche perchè questo avrebbe richiesto come minimo una seduta spiritica: l’impreditore tedesco era infatti morto da circa un anno rispetto a quando si svolge la vicenda.


Più di una perplessità rimane poi sul fatto che si trattasse effettivamente di maglie dell’Argentina “mondiale”. Il modello vestito nell’Estate del ’78 dalla Selección aveva infatti un normalissimo colletto girocollo, analogamente alle maglie usate nella Coppa America 1979 o dall’Under 20 in Giappone durante il mondiale di categoria nello stesso periodo. Leggermente più simile, ma comunque non uguale, appare solo la maglia usata da Maradona e compagni durante la fase a gironi del torneo nipponico: un girocollo con baveri che poco aveva comunque a che vedere con lo scollo a “V” con baveri della maglia dello Stockport County.




Cambio in corsa
Il 2 Aprile del 1982, giorno dello scoppio della guerra delle Falkland/Malvine, gli “Hatters” giocano in trasferta ad Halifax in gialloverde. Non è dato sapere se la scelta dipenda dalla potenziale coincidenza cromatica con i padroni di casa (colori sociali biancoblu), oppure dal fatto che la dirigenza del County abbia una qualche consapevolezza del fatto che andarsene in giro per l’Inghilterra vestiti come l’Argentina non fosse proprio un’idea geniale in quel preciso momento storico.

Temendo che giocatori e Club corrano dei rischi oggettivi, specie in occasione delle trasferte, lo Stockport County richiede alla Football League di poter cambiare la propria divisa principale a campionato in corso. Per la prima volta nella storia dei campionati inglesi una squadra avanza una richiesta del genere motivandola in ragione delle conseguenze di un evento bellico.


Non c’è unanimità su che piega prendano gli eventi a questo punto: da un parte c’è chi sostiene che gli “Hatters” vengano autorizzati al “cambio in corsa”, data l’eccezionalità delle circostanze, e dall’altra chi afferma il contrario motivando la decisione della Football League con l’intenzione di non creare un precedente. Fatto sta che la squadra termina il campionato vestendo, al posto della “maglia argentina”, un completo Adidas che replicava in bianconero il template della divisa da trasferta gialloverde. La scelta probabilmente non è casuale e attinge invece consapevolmente al passato del Club: dalla metà degli anni ’30 alla metà degli anni ’60 gli “Hatters” avevano infatti indossato completi gara simili a quelli del Fulham, con maglia bianca e pantaloncini e calzettoni neri.

Dalla stagione successiva, nonostante la guerra della Falkland sia ormai alle spalle, la dirigenza decide di voltare pagina tornando ad un più tradizionale e rassicurante biancoblu. Tuttavia una traccia resta dell’unica maglia ritirata per motivi bellici nella storia del pallone, la partitura a strisce verticali, destinata ad accompagnare la squadra sui campi della Quarta Divisione inglese ancora per qualche anno. Poi verranno gli anni ’90, con una serie di completi da “Hall of Shame” senza passare nemmeno dal “Via!”, ma questa è un’altra storia.

