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Admiral, ovvero come un piccolo produttore di mutande ha cambiato per sempre il calcio vol.1


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La storia di Admiral ha cambiato per sempre il mondo che gira intorno al calcio. Per gli appassionati è un’icona di stile assoluta, ma ai suoi tempi ha fatto discutere molto. Come Jersey Vice non potevamo esimerci dal parlarne e due coincidenze dell’ultimo periodo mi hanno dato la scusa per approfondire l’argomento: 1) la presentazione di qualche tempo fa della nuova maglia del Queen’s Park e 2) la visione del documentario Get Shirty.

We were responsible to starting a multi billion pound industry, it wasn’t there before really.

Admiral ha iniziato a pensare fuori dagli schemi e ha deciso che era il tempo di osare, di puntare sul cambiamento. Volevano rendere unico ogni club dandogli una propria maglia che li caratterizzasse. Il Manchester United non doveva scendere in campo con una kit simile a quello del Nottingham Forest, doveva avere una sua ownership.

In breve tempo ha cambiato l’aspetto estetico del gioco, usando colori più brillanti, inserendo gli stemmi distintivi del club e liberando il mostro. Ma non è riuscita a controllarlo a pieno e negli anni ’80 ha dovuto chiudere bottega non riuscendo a tenere il passo dei giganti della concorrenza (Adidas, Puma, etc…). Ma partiamo dall’inizio.

Le intuizioni che hanno creato il mostro Admiral

Fino all’inizio degli anni ’70 l’idea alla base delle maglie da calcio era molto semplice: far sì che i colori fossero sufficientemente differenti tra loro in modo da poter distinguere facilmente una squadra dall’altra. Le maglie erano scarne, destinate esclusivamente ai calciatori e se si butta un occhio sugli spalti si nota che i colori sono più o meno gli stessi, il blu, il grigio o il marrone dei cappotti in uso all’epoca. Se un ragazzo desiderava indossare, ad esempio, una maglia dell’Arsenal, probabilmente la madre avrebbe preso una semplice maglia rossa e ci avrebbe cucito sopra uno stemma o una coccarda.

Negli anni ’60 l’economia girava bene nel Regno Unito e Leicester era il centro dell’industria tessile. Admiral a quel tempo era una piccola e semplice fabbrica di mutande a livello familiare, ma è con i Mondiali del 1966 giocati in casa si accende la lampadina. L’Inghilterra si laurea campione del mondo e Mr. Patrick si convince che il football avrebbe preso sempre più piede nel paese – soprattutto sui bambini – e inizia a produrre materiale tecnico per il calcio.

Con i macchinari che avevano a disposizione poterono cominciare agilmente a convertire la produzione e iniziarono subito a ricevere ordini da club e scuole locali. Ma la grande occasione, il primo contratto che li ha lanciati per sempre nell’olimpo dello stile è arrivata totalmente per caso.

Era ottobre, pioveva, Bert Patrick e John Griffin – rispettivamente proprietario e consigliere delegato – erano a una presentazione presso un’azienda che vendeva per corrispondenza. Dopo nemmeno mezz’ora furono cacciati fuori ma la fortuna volle che di fronte all’edificio si allenasse il grande Leeds United di Don Revie. Così decisero di andare a vedere l’allenamento. All’uscita della squadra fermarono il manager con una scusa e si presentarono. Don chiese loro cosa potessero fare per lui.

Redesign the kit.

Non vi permetterò di toccare la prima maglia – rispose – ma potete fare quello che volete con quella da trasferta. Disegnateci una away strip e una track suite.

Done!

Come testimonia Norman Hunter – difensore e colonna del Leeds e della nazionale inglese – all’inizio la maglia non piacque molto agli addetti ai lavori. Soprattutto per via di quel giallo acceso, colore inusuale e preso di mira da commenti ironici provenienti da ogni parte. Ma Don Revie era superstizioso, le vittorie arrivavano e la maglia rimase.

A questo punto Admiral cambiò il mondo della fornitura sportiva con un accordo clamoroso e originale: noi vi forniamo le divise per la squadra, ma poi vendiamo le repliche ai bambini. BOOM!

I bambini impazziti, finalmente potevano vestirsi come i propri eroi e scendere in campo con la divisa della squadra del cuore. Il successo fu immediato, se ne accorse anche Don Revie che a quel punto dette il permesso di ridisegnare anche la classica maglia bianca.

Il merito di questo design fuori dai canoni dell’epoca fu di Lindsay Jelley, giovane stilista appena uscita dal college e completamente digiuna di calcio, caratteristica che fu la sua forza. Non aveva nessuna conoscenza sulla storia del football e non le interessava neanche. Le interessavano i colori e le forme. E su quello ha lavorato. Ci serve qualcosa con questi colori – le dicevano – e lei sfornava le nuove icone del design calcistico.

Le idee alimentano il mostro, che cresce e si sviluppa

Il passo successivo fu prendere accordi, oltre che con i club, direttamente con i calciatori. Era l’epoca del glam, delle rock star, del nuovo e dell’accessibile. Anche i calciatori si stavano avvicinando allo star system e Admiral fu al passo.

Per esempio durante l’esperienza di un certo Peter Shilton al Leicester City decisero di lanciare un goalkeeping pack (maglia da portiere, pantaloncino e calzettone), cosa che non si era mai vista all’epoca.

Nel 1973 poi ci fu la seconda grande occasione. L’Inghilterra viene eliminata malamente nella fase di qualificazione ai Mondiali del 1974 dalla Polonia e Don Revie viene chiamato a sostituire Alf Ramsey in panchina. Esatto, quel Don Revie grazie al quale Admiral era diventata popolare.

E che fece Don Revie? Commissionò ad Admiral il restyling delle divise! Gente, all’epoca i reparti marketing nel calcio ancora quasi non esistevano, era il manager – soprattutto a quelle latitudini – che aveva quasi il totale potere decisionale, ancora di più se si chiamava Don Revie.

La maglia fu rivoluzionaria. Il nuovo tono di royal blue accompagnato da un rosso acceso fece storcere il naso ai puristi – it’s a clown strip –, ma scosse l’ambiente e trovò un gran successo di pubblico e commerciale. Come si dice sempre: Bad publicity is good publicity.

I materiali però erano pessimi, poliestere o simili, le maglie sembravano di plastica e – come racconta Mick Channon, attaccante dell’epoca – quando correvi si irritavano i capezzoli e dovevi metterci la vaselina per alleviare il dolore. Con il tempo sono migliorate ma le prime maglie was a crap.

He had created a monster couldn’t feed.

La maglia della nazionale si inizia a vedere e a vendere ovunque e ogni squadra del paese – e non solo, vedi NASL – vuole un kit Admiral. Si iniziano a firmare contratti e l’escalation è esponenziale.

La metà degli anni ’70 è il periodo d’oro di Admiral, quasi arrogante nel proporre elementi grafici e stilistici in linea coi tempi ma fuori dai canoni del calcio: colletti alla francese, nastri con il logo ripetuto, strisce, sachet e il famoso yolk del West Ham. Per non parlare delle tute.

Disegnavamo kit che non avrebbero sminuito la tradizione dei club, ma poi ci chiedevamo: venderà? Piacerà ai bambini?

Si creò un bisogno comune di acquistare i kit Admiral: show to your team that you really care era divenuto quasi un motto. E le maglie erano veramente costose per l’epoca, 5 pound l’una, se poi ci aggiungevi pantaloncini e calzettoni…

Per me il mondo del calcio era un gigante dormiente. Quasi 500 milioni di persone in tutto il mondo hanno guardato l’ultima finale di FA Cup in 93 paesi diversi. Queste cifre esorbitanti significano che c’è un mercato da sfruttare.

Il capolavoro di marketing, il mostro oramai è un Godzilla

Sul marketing Admiral si è dimostrata sempre un passo avanti a tutti e continuò a stringere accordi commerciali con manager e calciatori in modo che le squadre fornite scendessero in campo nel prepartita con le tute sponsorizzate in pieno petto e/o sulla schiena, in modo da avere una grossa risonanza mediatica sia allo stadio che nelle sempre più presenti trasmissioni in tv. Addirittura il medico sociale entrava in campo a soccorrere i calciatori con la borsa dei medicinali marchiata, cosa mia vista prima anche se oggi pare del tutto normale.

Il capolavoro commerciale lo escogitano per la finale di FA Cup del 1976. La Football Association chiama la sede dell’Admiral – che sponsorizzava le due finaliste Manchester United e Southampton – ordinandogli di togliere il nome dal petto della tuta perché la Regina avrebbe ufficializzato l’evento e non avrebbe dovuto stringere la mano ai calciatori di fronte a un qualsiasi sponsor. La risposta fu brillante: tolsero il marchio dal petto e aggiunsero il logo sulle spalle in modo rimanesse a favore di telecamera, normalmente posizionate dietro ai calciatori al momento dell’ingresso in campo e dei saluti. Chapeau!

Fu un momento cruciale. Le sponsorizzazioni sul fronte e sul retro della tuta lanciarono un business che apriva opportunità da sfruttare su tutti gli accessori legati al calcio come scarpe, borse, e chi più ne ha più ne metta.

Sulla maglia la Admiral andava di pari passo con l’identità del club, era qualcosa di nuovo, forse fu l’inizio del dominio dei brand che osserviamo oggi in molti altri campi.

The worst football kits who’s ever produced

Vorrei chiudere l’articolo che racconta la prima parte della storia di Admiral e della sua rivoluzione con la maglia più controversa della sua storia.

Con il calzino giallo poi… yummi!

Come ci racconta la nostra stilista preferita – Lindsay Jelley –, nessuno aveva mai provato a vestire una squadra di marrone (diciamo ad alti livelli dai, perché di almeno un altro paio di società ne parleremo in futuro da queste parti). Fu Bert Patrick a dire: Si, non abbiamo mai usato il color cioccolato, vediamo cosa possiamo fare.

It’s quiet revolutionary to try getting club to have anything in chocolate brown.

Fu una grossa mossa pubblicitaria che avrebbe fatto parlare del Coventry moltissimo. Sfruttarono la loro enorme fama per tentare un approccio spregiudicato convinti di vincere lo scetticismo dei tradizionalisti. Un po’ come per tutte le novità, all’epoca non fu presa benissimo. Adesso però è una perla rara ambita dai maggiori collezionisti di tutto il mondo.

Piccola riflessione

Riflettendo sui corsi e sui ricorsi storici – Admiral negli anni ’70, Umbro e Nike nei ’90 – la sperimentazione viene sempre criticata da una parte del pubblico e osannata da un’altra. Molti dei tradizionalisti nostalgici del vecchio calcio dovrebbero fare i conti con il fatto che è stato il vecchio calcio ad aver creato il nuovo e un mostro sacro come Admiral ne è l’esempio perfetto.

Tuttavia innovazione e coraggio non sempre sono sinonimo di buon gusto, ogni caso va valutato a sé. L’importante è provare ad avere una visione dell’argomento più ampia possibile.

We love you guys

Vol. 2 →

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Jersey Vice