Come abbiamo imparato nei precedenti articoli la Football Association, pur essendo di base molto tradizionalista, ha fatto da apriporta per molte innovazioni. Abbiamo parlato del riconoscimento del ruolo del portiere e dell’adozione dei numeri di maglia, adesso ci soffermiamo sull’applicazione dei numeri fissi e personalizzati introdotti nella stagione 1993-94 – un anno dopo l’avvento della Premier League – che dalle stagioni successive si diffusero a macchia d’olio in tutto il mondo professionistico.
Tornando indietro nel tempo, fu la NASL (North American Soccer League) ad adottare per prima questa novità già negli anni ’70. Novità che però non era tale negli Stati Uniti, dato che la numerazione fissa era in vigore negli altri sport di squadra come il basket (NBA), il football (NFL), l’hockey (NHL) o il baseball (MLB).
La numerazione fissa in Italia
Due anni dopo la Football Association – nella stagione 1995-96 – anche la Lega Calcio decise di adottare la numerazione fissa e noi abbiamo un interessante aneddoto raccontatoci da Francesco Flachi (qui l’intervista completa).
Ciao Francesco, tu hai vissuto il cambio dalla numerazione fissa 1-11 alla numerazione personalizzata. Hai qualche aneddoto da raccontarci?
In quel periodo giocavo con la Fiorentina. Nel 1993 (quando ha esordito con i viola in Serie B) ancora si usava la numerazione classica. Nella stagione 1995-96 – vincemmo la Coppa Italia con Ranieri in panchina – si passò alla nuova numerazione e ricordo che a inizio stagione organizzammo un asta per assegnare i numeri di maglia, donando il ricavato in beneficenza.
Si partiva da una base di 500.000 lire, ma calciatori come Batistuta, Toldo o Rui Costa – che giustamente ambivano alla 9, alla 1 e alla 10 – avevano una cifra di partenza molto più alta e proporzionata al loro stipendio, fino anche a 2 milioni e mezzo. Perché per rispetto quasi nessuno tentava il rilancio su quei numeri.
Ci fu però una situazione divertente con Rui Costa. Lui teneva molto alla maglia numero 10 e fin dai primi giorni di ritiro batteva e ribatteva su questo punto. Così ci mettemmo d’accordo con qualche compagno di squadra e organizzammo uno scherzo facendo salire il prezzo d’asta con continui rilanci fino ad arrivare a 5.000.000 di lire, se non ricordo male.
Io in quella stagione scelsi il 21, senza avere molta concorrenza a dire il vero.
Com’era la scelta dei numeri? C’era un criterio da seguire?
Ci si riuniva e si decideva insieme. Ma fondamentalmente di base c’era il rispetto dei ruoli e delle gerarchie interne allo spogliatoio. Negli anni successivi chi aveva già vestito un numero di maglia aveva il diritto di mantenerlo, ma niente toglieva di potersi mettere d’accordo per cambiarlo. Io infatti il secondo anno passai al 18.
In linea di massima – anche adesso – i numeri rispettano un po’ il ruolo in campo. Dal 2 al 6 i difensori, il 9 il centravanti forte fisicamente, il 10 il giocatore più tecnico… personalmente non mi piacciono le numerazioni alte tipo il 70, il 60, il 99 (e noi siamo pienamente d’accordo con te Francesco n.d.r.).
Di norma si cerca il numero più rappresentativo, il 7, l’8, il 10. Ma ci sono anche le cabale, le scaramanzie da tenere di conto. Per esempio in quella prima stagione Francesco Baiano, che l’anno precedente si era fatto male al ginocchio indossando la 11, decise di cambiare con la 8. Qualcuno sceglie in base alle ricorrenze delle nascite di figli, mogli o genitori. Altri invece omaggiano campioni del passato e di altre leghe come la 7 di Éric Cantona, la 14 di Johan Cruijff, la 13 di Gerd Müller, o di altri di sport come la 23 di Michael Jordan (vedi Ambrosini n.d.r.) o la 32 di Magic Johnson.
Ma sai, quando sei molto giovane o ti sei trasferito a stagione in corso, sei l’ultimo a scegliere e devi accontenterti dei numeri rimasti liberi.
Numeri particolari o inusuali
Oramai sono più di venti anni che le personalizzazioni numeriche fanno parte del mondo del calcio e ne abbiamo viste di tutti i tipi. Di seguito alcuni esempi di abbinamenti quantomeno inusuali, divisi per categorie.
Contrasto con la tradizione
Difensori che scelgono numeri da attaccante come Gallas (10), Costacurta e Mihajlovic (11), Zaccardo e Centofanti (9), o attaccanti e centrocampisti che scelgono numeri da difensore come Kallon (2 e 3), Dempsey (2), Zidane (5), o addirittura da portiere come De Guzman (1).
Giochi di parole col cognome
Fantasia dettata dall’opportunità, tra i più famosi troviamo Gatti (44), Nani (7), Fortin (14), Zerouali (0), Sensi (5).
Portieri giocatori
A ogni portiere, sotto sotto, sarebbe piacuto anche fare i giocatore di movimento. In alcuni casi, almeno con la scelta del numero di maglia, ci sono riusciti. Si parte dal mio preferito, Campos (9), e si arriva a Rui Patricio (11) passando da Viviano (2), Soviero (8), Lupatelli (10) o Rogerio Ceni (01, ossia 10 al contrario come raccontato in questo articolo).
Rispetto per i tifosi paganti
Degna di nota la scelta dello storico capitano del Chelsea, John Terry, che risponde così su Instagram a un tifoso che gli chiede perché sia sempre stato legato alla numero 26.
When I broke into the first team at Chelsea that was my number and I had seen some fans with my name and number on their shirts, I didn’t want them paying out for another shirt.
7 replies on “Il degenero dei numeri primi: storia dei numeri di maglia nel calcio vol.2”
Alberto
A quando la terza parte? Da appassionato voglio ringraziarvi per gli articoli in merito a questo argomento.
Matteo "Rico" Bertelli
Innanzi tutto ci fa piacere che ti piaccia il nostro lavoro. A breve inizieremo a lavorare sul vol.3 de “Il degenero dei numeri primi”. Il ritardo è dato dalla grossa novità su cui stiamo lavorando e che vi presenteremo presto.
Enrico
Fino allo scorso anno l’americanata di vedere numeri improponibili nel calcio ce l’aveva solo la serie A ( Germania,Inghilterra,Spagna e Francia ricordo a tutti che adottano numerazioni progressive ) a mio parere più consone al gioco del calcio.
Purtroppo la serie B ha ceduto e mi auguro si torni indietro velocemente.
Inguardabile vedere calciatori con i numeri 69,77, 80,87,91,95,99 ecc
Mi chiedo se sarà possibile porre fine a questa indecenza e allinearsi ai campionati europei piu importanti e tornare a vedere un 10 nella roma o nel napoli o nel brescia ( fermo restando il ritiro del 10 a maradona,totti,baggio )
Matteo "Rico" Bertelli
Pienamente d’accordo!
Marco
L’aneddoto su Rui costa per la numero 10 ricordo che in realtà fu una disputa accesa col mio mito Massimo Orlando “l’Orlando furioso” perchè fino ad allora la 10 era appunto sua pochè nell’mmaginario viola avrebbe dovuto rimpiazzare Baggio. E ricordo anche delle dispute avute precedentemente nell’anno in cui approdò a Firenze Pietro Maiellaro, altro ex n.10 del Bari per molti anni. La cosa si risolse vestendo a turno la numero 8. Altra disputa per la 10 – diventata argomento di varie trasmissioni sportive e giornali – la ricordo benissimo tra Martin Vazquez e Vincenzo Scifo(che per questa faccenda non si sono mai piaciuti), nel Torino in cui Mondonico disse in un’intervista “mi vedrò costretto a dare le maglie come in Inghilterra e cioè la 8 e la 10 alle punte, così smettono di litigare”. Scifo desistette e lasciò la 10 all’ex madridista ma non volle mai vestire la 8, optando invece stabilmente per la 7. Per queste dispute negli anni maglie come la 11 finirono sulle spalle di Venturin, regista o come la 8 sulle spalle di attaccanti come Lentini o Casagrande. A proposito, ricorderete che Casagrande in una assurda giornata di penuria di difensori granata, fu costretto ad improvvisarsi difensore vestendo per l’occasione la 5. La 10 sulle spalle di un “centravanti boa” credo di averla vista in Italia solo sulla maglia del gigante cecoslovacco Thomas Skuhravy, conosciuto da tutti durante Italia ’90 ed approdato al Genoa in cui fece coppia d’attacco col piccolo uruguagio Pato Aguilera. Per quanto riguarda la 11 di Mihajlovic, non dimentichiamoci che il mancino Sinisa giocava come attaccante di fascia sinistra nella Stella Rossa e nei primi anni alla Roma. Successivamente il calcio moderno lo portò a diventare un esterno basso per poi allungare la carriera spostandosi astutamente al centro della difesa. Va detto inoltre che il portiere Jorge Campos amava vestire la 9 poichè era anche un discreto attaccante e nei vari club veniva indifferentemente utilizzato sia in porta che in attacco. Fu Blatter che nel ’94 decise che ai mondiali i portieri delle nazionali non avrebbero potuto svolgere altri ruoli oltre quello di portiere. Altra stranezza fu vedere Maradona, in rotta con la società, vestire incredibilmente la 9, mentre la 10 fu indossata da Zola. Fu mi pare una trasferta perchè indossarono la seconda maglia, al tempo rossa e bianca e qualche richiamo azzurro.
In generale poi, i 5 che stavano in panchina avevano un numero ben preciso:
il 12 italiano era sempre il secondo portiere (mentre negli altri paesi europei al secondo portiere veniva assegnata spesso la 16, vedi N’Kono)
Il 13 italiano era del difensore di riserva (mentre in Germania, dopo l’exploit di Gerd Muller – che al mondiale vestì la 13 – fu il numero assegnato all’attaccante di riserva. Nel tempo addirittura questo numero, in onore di quel mitico giocatore, è stato assegnato a qualunque nazionale tedesco si chiamasse Muller di cognome.
Il 14 italiano era del centrocampista di impostazione, diciamo così.
Il 15 italiano era dell’ala o del centrocampista offensivo di riserva.
Il 16 italiano era della punta di riserva.
Erano scelte ponderate dal mister anche in base ai titolari che avrebbero potuto ricoprire altri ruoli, non certo in base all’attuale panchina lunga: nel Milan per esempio, spesso non aveva senso avere un difensore centrale di riserva ma si preferiva un terzino di riserva perchè se si fosse infortunato un difensore centrale, Maldini avrebbe scalato al centro lasciando la fascia al terzino di riserva.
Matteo "Rico" Bertelli
Ho sempre adorato vedere Lentini con la numero 8, non so perché, ma ai miei occhi di bambino è come se avesse rinobilitato quel numero che io vedevo quasi come «di fatica» e non «di estro».
Di Maradona non ricordo, ricordo Zola con la 20 (aneddoto da ripescare), interessante.
Marco
Il 20 sulle spalle di Zola è un classico escamotage per avere in qualche modo il 10(20:2) pur rispettando le gerarchie dettate a volte dal blasone, a volte dalla manifesta superiorità del “rivale” in rosa, a volte per uno stato di grazia inattaccabile. Penso a Banchelli che nella Fiorentina di Batistuta, essendo l’unica punta di ruolo oltre all’argentino e non potendo ovviamente pretendere la 9, ripiegò sul suo doppio: ovvero la 18. Stessa cosa fece Pippo Inzaghi al Mondiale 2006 che scelse la 18 poichè la 9 era occupata di diritto da Toni. Che dire di Zamorano che scelse un modo pittoresco di vestire in qualche modo la 9, occupata da Ronaldo Luis Nazario, optando per un “1+8”. Genio assoluto. Poi Di Livio cedette la 7 non ricordo a chi, ripiegando sul suo doppio: ovvero la 14. Baggio, quando non poteva, ripiegava sulla scelta del 18, sua data di nascita, per non palesare alcuna brama di vestire la 10 scegliendo magari la 20, che tutti gli consigliarono come “una 10 alternativa” in una sorta di tacito referendum giornalistico in cui ogni giornalista dava la sua opinione nella calda estate del passaggio del Divin Codino bianconero al Diavolo in cui la 10 era del genio montenegrino Dejan Savicevic. Ma il carattere mite di Baggio lo conosciamo tutti, anche da queste cose. Tutte cose che moltissimi sapranno ma che comunque potrebbero incuriosire chi non è attento a certe leggere follie calcistiche.
Un numero era un ruolo e viceversa. Quando ti dicevano cose come “tu sei più un 8 che un 4” significava che eri più di costruzione che di rottura, più metronomo che faticatore. Oppure “sei il classico 7”, ovvero ala destra infaticabile che puntava la bandierina per poi crossare. I terzini sinistri brasiliani, a cominciare dal genoano Branco, indossavano la 3 nel club e la 6 in nazionale verdeoro. A quei tempi la preparazione atletica e l’alimentazione non erano tali da permettere con stabilità ad un terzino di falcare abitualmente per 90 minuti tutta la fascia: esistevano infatti le ALI, dalla metà campo in sù. E c’erano appunto i terzini, dalla metà campo in giù. Azeglio Vicini, ct a Italia ’90 a sinistra optò la strategia del “doppio terzino” con la coppia mancina Maldini-De Agostini (ex ala) che interscambiandosi durante il gioco permise di dominare stabilmente la corsia con semplicità ma con grattacapi per gli avversari. Il fatto di aver numerato Donadoni col 17 a Italia ’90 fu deciso da Vicini che nella numerazione (in ordine alfabetico ruolo per ruolo) dichiarò di ritenerlo comunque un giocatore in grado di “offendere” tatticamente, ecco perchè gente come Berti,Marocchi,Giannini,De Napoli, furono invece inclusi nel gruppo di “centrocampisti di costruzione e rottura”.
Poi arrivò in Italia l’Era di Nevio Scala col 3-5-2, in cui i “terzini a tutta fascia” in realtà erano ex ALI: Benarrivo a destra(anche se era ambidestro)era un attaccante che in serie B faceva sfracelli. E poi Di Chiara a sinistra, ex numero 11 della Fiorentina di Baggio, Nappi, Buso,Dunga.
Oggi in una formazione chi si occupa della fascia è un unico giocatore e quindi la poesia dei numeri, in un ipotetico ritorno alla numerazione classica, ci mostrerebbe l’orrore di un Dumfries col 7 o di un Marcelo con l’11 ?!? Credo che non sarebbe nemmeno immaginabile perchè comunque l’evoluzione soprattutto atletica dei giocatori di “corsa” ha cancellato di conseguenza per intero determianti ruoli.