Dopo aver coltivato il dubbio in questo articolo, cominciamo ad avere delle certezze, ecco perchè ci sentiamo di avanzare la richiesta che dà il titolo al pezzo facendoci rappresentare dal buon Ben Matlock.
L’ultimo colpo di genio di chi tira le fila della Serie A viene messo nero su bianco nel comunicato n.3/2021, contenente il regolamento delle divise di gara valido per la stagione corrente. L’art.2 c.1 (“Colori”) si chiude con un’anticipazione sul campionato 2022/23 che ha aperto la discussione fra appassionati di maglie e tifosi tout-court: “Dalla stagione 2022/23 è vietato l’utilizzo di divise da gioco di colore verde per i giocatori di movimento”.

Le domande sorte spontaneamente sono state sostanzialmente due: “Perchè?” e “Ma le squadre che hanno il verde nei colori sociali?”.
Partiamo dalla seconda. A livello di stampa nazionale, forse per cercare di chiudere la stalla nonostante i buoi fossero già a spasso, è stato scritto che la norma riguarderà solo seconde e terze maglie: peccato che il Regolamento (come potete leggere con i vostri occhi qua sopra) non dica effettivamente nulla del genere. Aspettiamoci dunque una classica soluzione all’italiana con il ricorso alla specialità di questo strano Paese a forma di stivale: il cambio in corsa delle normative o la loro applicazione discrezionale. Del resto l’italiano medio tollera questo approccio in campi ben più rilevanti del pallone nella vita quotidiana, quindi non crediamo si scandalizzerà nessuno.
Prendendo comunque per buono quanto sopra le livree principali di Sassuolo e Avellino, per citare le prime due squadre che ci vengono in mente, scamperebbero alla scure dell’Inquisizione Cromatica, mentre il Bologna dovrà rinunciare d’ora in poi a celebrare il primo storico scudetto rispolverando la celebre maglia verde.
Cerchiamo poi di dare risposta alla domanda principale: “Perchè?”. Qui i nostri eroi hanno dato il meglio di loro:
- scarso contrasto con il terreno di gioco che crea difficoltà visive al telespettatore (notare che non si parla di tifoso allo stadio ma di tifoso da divano+payTV… ma il calc1iio0 è dellla ggg3ntee!);
- scarso contrasto con il terreno di gioco che mette in difficoltà la quaterna arbitrale e genera incertezza nelle valutazioni (perchè il Var è a 8 bit come il Commodore64? Non ricordo maglie verdi sul goal annullato a Muntari… ma in effetti non ci fu nemmeo esitazione nel decidere);
- possibili effetti distorsivi sulla visualizzazione degli spazi pubblicitari virtuali aggiunti digitalmente alle immagini televisive.
Insomma, il segreto di Pulcinella: sponsor e TV sono i veri padroni della Serie A. Al punto da poter far modificare i regolamenti a proprio uso e consumo: oggi quello delle divise di gara, e domani? Ma l’aspetto più irritante è l’ipocrisia di fondo alla base di una comunicazione che vorrebbe dare l’illuisione di scelte operate nell’esclusivo e preminente interesse del tifoso. Buon per chi ci crede.

Se questa brillante trovata avesse visto la luce in passato, e fosse stata condivisa a livello internazionale, alcune memorabili maglie da trasferta verdi (in tutto o in parte) non avrebbero visto la luce. Nella malaugurata ipotesi in cui l’idea trovasse davvero ospitalità anche fuori dai nostri malandati confini, toccheremo con mano quanto a cuor leggero la nazionale tedesca rinuncerà alla sua iconica maglia da trasferta verde, oppure l’Athletic Bilbao manderà in soffitta la divisa rappresentativa dell’identità basca.
É surreale constatare come chi vieta l’uso del verde allo stesso tempo autorizzi/abbia autorizzato maglie che mettono/hanno messo a repentaglio le diottrie di appassionati e tifosi. Quanta meravigliosa coerenza nel nome del marketing! E comunque c’era rimasto male anche Rico che scrisse qui in proposito alla maglia dell’Inter.
Capiamo che qualcuno debba fare da cavia. É sempre stato così. Poi l’Italia, pallone incluso, da almeno una ventina d’anni mostra un’attitudine particolare – quasi un masochistico godimento – nell’accettare il ruolo di topo da laboratorio nei più disparati campi. Non sapremmo dirvi se incarniamo più Mignolo o più il Prof. ma in entrambe le ipotesi non c’è di che esaltarsi. Anche perchè, di solito, nella vita reale, a forza di esperimenti prima o poi la creatura pelosa con la coda fa una brutta fine.

“Quello che facciamo tutte le sere, Mignolo: cercare di minare alla base la credibilità del calcio italiano”